L’impianto nel corso degli anni a causa di alcune disfunzioni accertate avrebbe provocato una serie di disagi, non di poco conto dal punto di vista della salubrità dell’aria della zona circostante.
«Le emissioni sono moleste e pericolose per la salute: Aqp in cinque mesi adegui l’impianto». Il tribunale di Brindisi ha accolto il ricorso presentato da una famiglia di Ostuni, difesa dall’avvocato Sandro Stefanelli, proprietaria di un terreno, confinante con il depuratore della Città bianca, situato nei pressi di Camerini. L’impianto nel corso degli anni a causa di alcune disfunzioni accertate avrebbe provocato una serie di disagi, non di poco conto dal punto di vista della salubrità dell’aria della zona circostante.
In particolare da tempo sarebbero tate riscontrate in contrada Santa Toce, problematiche relative alle emissioni odorigene e rumorose oltre i limiti della tollerabilità, avvertite sia all’interno che all’esterno del fabbricato di proprietà del nucleo familiare ostunese. Una situazione che si è protratta per anni, e che avrebbe anche determinato per lunghi periodi l’invivibilità dell’immobile, ed in più compromesso anche il valore di mercato del terreno. Esausti e stremati i proprietari hanno deciso di presentare ricorso al tribunale di Brindisi, per denunciare questa vertenza. Di qui il ricorso presentato dal legale Stefanelli contro comune di Ostuni ed Aqp, nell’ottobre del 2015, al fine di adottare tutte le misure per eliminare le criticità manifestate. I due enti, in materia separata, hanno respinto l’istanza avanzata dalla famiglia della Città bianca. Aqp ha chiesto il rigetto della domanda, sostenendo che le emissioni provenienti dall’impianto fossero a norma. Per dirimere la questione il tribunale di Brindisi si è affidato ad un consulente tecnico, per accertare se i livelli delle emissioni, fossero adeguati alle normative in vigore.
L’istanza avanzata dai ricorrenti si basava anche sul fatto che l’impianto, costruito ormai da almeno due decenni, soprattutto nel periodo estivo fa fatica a contenere l’intero carico urbanistico, proveniente dal centro cittadino, ma anche dagli agglomerati turistici che scaricano nel depuratore cittadino. Il giudice del tribunale di Brindisi, Francesco Giliberti, ha accolto il ricorso presentato dal legale Sandro Stefanelli motivandolo per una serie di ragioni. In particolare è stato riscontrato che «alla stregua delle indagini svolte dal Ctu deve ritenersi accertato il superamento dei limiti previsti dalla legge regionale 23/2015, e che deve dunque riconoscersi il superamento dei limiti della normale tollerabilità».
Di qui il dispositivo che ordina all’Acquedotto Pugliese di provvedere entro cinque mesi ad eliminare le emissioni odorigene ed acustiche nel terreno di proprietà della famiglia ostunese, che superano la normale tollerabilità, eseguendo tutti gli interventi determinati dal consulente tecnico d’ufficio. Secondo quanto disposto il comune di Ostuni, pur non essendo ente gestore dell’impianto, una volta a conoscenza della presenza delle emissioni odorigene moleste avrebbe dovuto attuare le procedure, attraverso i controlli del caso, senza invece attendere «inerte» le iniziative giudiziarie dei cittadini privati.