Nella «Città Bianca» la vendemmia è una grande festa di famiglia, grazie all’azienda agricola di Oronzo “Greco”.
Nella «Città bianca» la vendemmia è una grande festa di famiglia. E la famiglia Greco, come ogni anno, si ritrova con amici e parenti per il consueto appuntamento del taglio dell’uva, un rituale che si svolge ormai da quattro generazioni. Stesso posto, stessa ora ogni anno…
La contrada dove si trovano i vitigni dell’Ottavianello DOP, sono in contrada Folli Fuoco, a pochi passi dal centro abitato di Ostuni sulla via per Ceglie Messapica. La passione per la natura e il rispetto per l’ambiente e la salute di chi beve il vino, sono alla base della scelta della famiglia Greco, che operata nel pieno rispetto dei principi dell’agricoltura biologica. Nasce così l’«Ottavianello di Ostuni», un vino che l’azienda agricola Greco ha prservato, salvando i vitigni dall’estinzione, proprio come ci ha raccontato Oronzo Greco, il quarto della generazione a produrre il “suo” vino, ovunque apprezzato.
Il vino Ottavianello di Ostuni Doc, infatti, è una delle tipologie di vino previste dalla denominazione Ostuni Doc. E si sa che i disciplinari delle Doc prevedono al loro interno specifiche tipologie di vino, che si «caratterizzano per la loro composizione ampelografica, ossia per i vitigni ammessi per la loro produzione, per le procedure di vinificazione e per le specifiche caratteristiche organolettiche del vino. I vitigni che rientrano nella composizione del vino Ostuni Ottavianello o Ottavianello di Ostuni Doc – si spiega – sono Ottavianello min.85%, Negro amaro, Malvasia nera di Brindisi, Notardomenico, Susumaniello». e si aggiunge: «Le caratteristiche organolettiche dell’Ottavianello di Ostuni Doc prevedono un colore Rosso rubino. Il profilo olfattivo del vino è delicato e al palato risulta secco, armonico».
Oronzo Greco da quattro generazioni la vostra famiglia continua nella tradizione della vendemmia e della produzione del vino Ottavianello Doc e Bianco di Ostuni Dop.
Ci racconta qualcosa che riguarda il legame tra la vostra famiglia e questa produzione…
«Il nostro primo vigneto è stato piantato nel 1918 dal mio bisnonno e da quel giorno la mia famiglia non si è più fermata, la nostra tradizione dunque va avanti da quattro generazioni. I vigneti si trovano sempre nella stessa terra alla quale siamo legati particolarmente. Io qualche anno fa ho lasciato il mio lavoro da dipendente per prendermi cura direttamente dell’azienda di famiglia, che nel frattempo veniva seguita da mio padre, oggi in pensione ma sempre presente al nostro fianco».
Cosa ci si aspetta dalla produzione 2022? Che vino avremo tra qualche settimana?
«È una buona produzione quella di quest’anno, ha una buona resa ed una buona gradazione zuccherina. Avremo un ottimo prodotto. L’obiettivo nostro e dei tecnici che ci seguono è quello di migliorare il prodotto anno dopo anno. Stiamo cercando di portare avanti la tradizione e la qualità che deve essere sempre il valore aggiunto per queste produzioni locali, non solo nei vini ma ovunque».
È vero che la vostra vendemmia diventa una vera e propria festa di famiglia?
«Effettivamente è così, perché oltre ad avere ogni anno nella nostra cantina dei macchinari di nuova generazione e tecnologia, qualche comodità in più nella vigna, la nostra vendemmia viene ancora fatta come una volta, ovvero le famiglie di amici vengono da noi, ci si riunisce si raccoglie l’uva e alla fine del lavoro si mangia, si beve e a volte (spesso) si balla anche. È un momento conviviale che si è sempre fatto così e ci sembra giusto proseguire, questa tradizione che deve sempre andare avanti nonostante la tecnologia che avanza».
Negli anni avete salvato come azienda l’Ottavianello Doc di Ostuni. Quanto è stato importante non perdere questo vitigno?
«Si stava perdendo negli anni il discorso della Doc di Ostuni e la nostra famiglia l’ha salvato. Circa vent’anni fa in Camera di Commercio ci avevano detto che se non si fosse più prodotto l’Ottavianello, la Doc di Ostuni sarebbe scomparsa e noi abbiamo voluto senza alcun indugio, salvare questo “marchio”, il tutto è accaduto fortunatamente il giorno prima che venisse cancellato. Questi sono dei vitigni antichi e “super autoctoni” come li definisco io. Vitigni che i nostri avi hanno sempre curato e coccolato, oggi il minimo che potessimo fare è salvare tutto il lavoro fatto negli anni, da noi tutto è iniziato agli inizi del 1900, come ho già detto. Questa è una tradizione enologica che va salvaguardata e tramandata, la nostra è sicuramente una bella sfida che porteremo avanti anche per gli anni futuri».
Il vostro vino piace molto anche al mondo della ristorazione, è vero?
«Io penso che il lavoro fatto bene nel tempo paga, siamo riusciti a fare un buon prodotto che sta piacendo molto e quindi negli anni molti ristoratori c’è lo chiedono senza che noi ci proponiamo direttamente. Oggi i prodotti riscoperti stanno andando per la maggiore e i ristoratori si stanno adattando a questo mercato. Vi devo dire la verità: il Bianco di Ostuni dell’annata 2021 lo abbiamo terminato già da un po’».
Anche le nuove generazioni si stanno affacciando a queste iniziative agricole, è il caso del tuo giovanissimo nipote che ha scelto la strada dell’enologia.
«Ci stiamo provando, spero che la mia famiglia continui a gestire l’azienda proprio come ho fatto e sto continuando a fare io: mio nipote fortunatamente mi segue in tutto e sono soddisfatto che i componenti della mia famiglia siano pronti a sostenermi, questo fa parte del presente ma soprattutto farà parte del futuro».